Hotel Mo.Ma. Hotel Mo.Ma. 

2019

Vicenza — Italy
a cura di: Maria Rosa Sossai

“Ogni progetto è un rammendo dell’esistente con il contesto, ogni realizzazione è pensata per un luogo preciso ed è un unicum, singolare” 


- Carlo Scarpa
Casa Gallo, presso Palazzo Brusarosco-Zaccaria a Vicenza, una delle opere più importanti e riconosciute a livello mondiale realizzate dal grande architetto veneziano Carlo Scarpa, è stata abitata dalle opere dell’artista vicentina Monica Marioni.

Si è rinnovato così il dialogo tra architettura e arte che Scarpa ha sempre perseguito nella sua attività, a partire dal 1948 con l'allestimento della mostra retrospettiva di Paul Klee nell’ambito della Biennale di Venezia e poi nel corso degli oltre sessanta allestimenti, tra mostre e musei, realizzati nella sua carriera, che l’hanno reso un grande maestro nell'arte di allestire spazi per l’arte.




La mostra ha raccontato la trasformazione di un luogo domestico, un tempo abitazione della famiglia Gallo, in un ideale hotel temporaneo abitato dalle opere di Monica Marioni e dal pubblico, protagonista quanto le opere di un’inusuale passeggiata architettonico-artistica attraverso gli spazi ridisegnati da Carlo Scarpa nel periodo 1962-65, tra continue fughe prospettiche, vuoti, il continuum di stanze senza porte, il gioco di luce che abbaglia le pareti/quinte e una “piazza” centrale espressamente pensata come spazio-museo per ospitare opere d'arte moderna.




Fotografie, installazioni, opere sonore e performative hanno trovato il loro completamento nell’unicità dei diversi ambienti, che si susseguono in modo armonioso ma anche imprevedibile, articolando i 650 metri quadri di Casa Gallo in un hotel ideale, composto, più che da camere, da wunderkammer scandite da continui détournements estetici e concettuali.

Nell’azione di Monica Marioni la potenza del contenuto è stata moltiplicata dal contenitore, diventato lo scenario e al tempo stesso il coprotagonista, oltrepassando l’aspirazione di Scarpa di mettere l’ambiente al servizio delle opere d’arte.





La scelta di produrre un ciclo di lavori espressamente concepiti per l’abitazione scarpiana amplia i temi già presenti nella ricerca dell’artista, transitando dal corpo umano all’ambiente nel quale esso si muove, includendo l’attenzione per l’architettura in quanto espressione di un’energia in grado di confrontarsi con l’arte e di arricchirne il significato.



Orientamento dello spazio espositivo




Le opere allestite sono state realizzate nei cinque anni precedenti, spaziano dalle fotografie alle installazioni, dalle opere sonore alla performance, allestiti in un percorso immersivo nell’arte multiforme di un’artista eclettica ma rigorosa nelle sue tematiche e suggestioni.

Ogni lavoro ha trovato il suo completamento nell’unicità dei diversi ambienti, susseguenti in modo armonioso ma anche imprevedibile, complice la luce che nella stanza centrale, denominata ‘la piazza’, proveniva dalle finestre a nastro poste in alto e dalla vetrata ampia e aperta sui tetti di altre case.

Ad accrescere la dimensione sensoriale, un suono d’acqua sorgiva si diffondeva nella piazza, mentre alto in un angolo, un neon di colore verde acido a forma di ali di farfalla, dal titolo Hotel Mo.Ma, risplendeva accogliendo i visitatori, che potevano sostare su alcuni cubi-sedute di ferro. Nel secondo salottino, attiguo alla piazza, un apparecchio Brionvega, sconfitto da un Iphone, trasmetteva un video della serie Fame!, dove una serie di bocche riprese in primo piano dichiarano la loro fame.




Il percorso sostava poi davanti a un breve corridoio chiuso da una porta a soffietto di stoffa rossa, nel quale si riconosceva l’opera dal titolo Autoritratto. Dietro, sulla parete verde muschio dell’ingresso atrio, la serie di Polaroid dal titolo Schiene, rappresentanti appunto una sequenza di schiene che offerte allo sguardo dello spettatore, con una pudicizia mascherata da un esibizionismo appena trattenuto.

Di fronte, nella sala da pranzo, Totem & Tabù: il corpo nudo dell’artista, in piedi, tiene per mano il corpo di un transgender; Al posto delle due teste, due monitor che mostrano infiniti volti, maschili e femminili, a dare in ogni momento un’identità diversa e universale ai due corpi dipinti sottostanti.





Nelle cucine l’installazione Chiudo gli occhi e volo via, visibile esclusivamente da un passavivande aperto a metà, una limitazione che dava alla visione un carattere voyeuristico.





Su una parete del bagno attiguo era appeso lo scatto da performance dal titolo LE UMANE PAURE – La povertà, nel quale una donna nuda in ginocchio ha la testa dentro un water. L’azione, estrema nella sua semplicità, è stata atto di denuncia della condizione di disagio diffuso tra la popolazione della città, allorchè la Banca locale è andata in bancarotta.





Durante la serata d’apertura, e di nuovo una volta a settimana durante il periodo d’apertura della mostra, Monica Marioni ha interpretato una performance site specific rappresentante la sua esperienza di ospite di HOTEL MO.MA.

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